Accanto ad opere che si limitano ad inserire elementi decorativi (un ventaglio o un paravento, per esempio) per richiamare una ambientazione esotica ve ne sono altre che effettivamente tentano di rappresentare temi e soggetti più autenticamente giapponesi. Un esempio del primo tipo è Bice. Iridescenze della madreperla di Filadelfo Simi(1895 ca.): appunto un ventaglio nelle mani della graziosa modella dovrebbe aggiungere quella nota di esotismo e atmosfera orientaleggiante ricercata dall’artista.
Incomparabilmente più efficace la splendida matita e tempera su carta di Fontanesi Ingresso di un tempio in Giappone 1878/9 in specie da ricordare la delicata figura femminile con parasole.
Un’altra tempera su tela attribuita a Jan Peske Donna sdraiata sotto gli alberi del 1900 manifesta l’accentuata bidimensionalità tipica delle stampe giapponesi.
Non so quanto attenga al giapponismo ma di fronte al bellissimo Rose di Fernand Khnopff sinceramente non mi faccio troppe domande.
Superfluo chiarire da dove derivi l’ispirazione di Gustave Henri Jossot per la sua Onda mentre tre opere aventi lo stesso soggetto, ossia tre rappresentazioni di una donna giapponese, mostrano il progressivo abbandono di stilemi occidentali e l’avvicinamento ad una più calzante rispondenza al soggetto reale. Hans Makart presenta una giovane donna dai vaghi tratti somatici orientali e con una acconciatura e un abito che rafforzano questa impressione ma il tutto si risolve nella compiaciuta esibizione della sua parziale nudità (La Giapponese 1875). Una scena di genere, leziosa, ma con una miglior resa del soggetto femminile è rappresentata in Yum Yum di Alois Delug (1893). La transizione si completa con pieno successo nell’acquaforte di Erich Wolfsfeld del 1912/4.
Amo le opere di Albert Joseph Moore – ancorché alquanto ripetitive nei soggetti e scarsamente differenziate nei modelli usati -ma non riesco a vedere la “giapponesità” del suo Perle fatta eccezione per un ventaglio e un paio di vasi che non mi sembrano però così facilmente identificabili con manufatti giapponesi. Ancor meno attinenze le vedo nel suo studio per Venere del 1869.
Incomparabilmente più efficace la splendida matita e tempera su carta di Fontanesi Ingresso di un tempio in Giappone 1878/9 in specie da ricordare la delicata figura femminile con parasole.
Un’altra tempera su tela attribuita a Jan Peske Donna sdraiata sotto gli alberi del 1900 manifesta l’accentuata bidimensionalità tipica delle stampe giapponesi.
Non so quanto attenga al giapponismo ma di fronte al bellissimo Rose di Fernand Khnopff sinceramente non mi faccio troppe domande.
Superfluo chiarire da dove derivi l’ispirazione di Gustave Henri Jossot per la sua Onda mentre tre opere aventi lo stesso soggetto, ossia tre rappresentazioni di una donna giapponese, mostrano il progressivo abbandono di stilemi occidentali e l’avvicinamento ad una più calzante rispondenza al soggetto reale. Hans Makart presenta una giovane donna dai vaghi tratti somatici orientali e con una acconciatura e un abito che rafforzano questa impressione ma il tutto si risolve nella compiaciuta esibizione della sua parziale nudità (La Giapponese 1875). Una scena di genere, leziosa, ma con una miglior resa del soggetto femminile è rappresentata in Yum Yum di Alois Delug (1893). La transizione si completa con pieno successo nell’acquaforte di Erich Wolfsfeld del 1912/4.
Amo le opere di Albert Joseph Moore – ancorché alquanto ripetitive nei soggetti e scarsamente differenziate nei modelli usati -ma non riesco a vedere la “giapponesità” del suo Perle fatta eccezione per un ventaglio e un paio di vasi che non mi sembrano però così facilmente identificabili con manufatti giapponesi. Ancor meno attinenze le vedo nel suo studio per Venere del 1869.
egue una sala con numerose opere autenticamente giapponesi, tra le quali diverse splendide xilografie di Hiroshige mentre appare alquanto originale - e libera - la rielaborazione del soggetto di una donna giapponese da parte di Anselmo Bucci La Giapponese (Il Kimono) 1919. Si chiude in bellezza con Casorati e il suo Nudino del 1913.
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