Devo aver intrapreso un percorso errato, almeno
cronologicamente, in quanto le prime sale
sono già dedicate
al ‘600 italiano e ad un’ampia rappresentanza di vedutisti
veneziani del secolo successivo. Scarsi i dipinti che mi hanno
colpito. Da citare il Venere e Adone
di Annibale Carracci: la florida dea volge il grazioso profilo del
suo volto verso un boccoluto Adone, accompagnato da un agghindato
levriero degno di comparire in un romanzo decadente di D’annunzio.
Sensuale la Cleopatra
di Cagnacci ma paradossalmente risulta esserlo ancora di più una
rara Susanna al Bagno
di Jacopo Chimenti, rara giacché rappresentata - contrariamente all'iconografia più diffusa - ancora
completamente vestita e nell’atto
di iniziare a slacciarsi il corpetto.
Scarsamente efficace nel trasmettere il senso del
pentimento la Maddalena di
Orazio Lomi Gentileschi a causa della sua prorompente nudità.
Discorso a parte per i Caravaggio presenti, in particolare la Corona
di spine, che fanno scomparire al loro
confronto le opere dei caravaggeschi nella sala.
I riflessi di luce sull’armatura, l’espediente
sempre efficace di “far uscire” dal quadro un dettaglio - in
questo caso, la mano del soldato -, l’abbandono della testa di
Cristo non mi facevano staccare gli occhi dalla tela.
Velázquez è presente con diversi ritratti di
regnanti e affini, scarsamente attrattivi. Tornando a Venezia, ma
retrocedendo nel tempo, si possono ammirare dei Giorgione (I tre
filosofi) o La donna alla toletta
di Giovanni Bellini.
Ancora Venezia con una sala colma di Tiziano
(magnifici i colori dell’Ecce Homo)
e poi Perugino e ancora la Madonna del Prato
di Raffaello.
Si conclude con Parmigianino e Correggio ma solo per
proseguire in un’altra ala con altri maestri veneziani, opulente
bellezze di Paris Bordone e scene storiche e bibliche del Veronese.
Un vero e proprio agguato quello teso dal vecchio nella Susanna
del Tintoretto.
Vasto l’assortimento di Rubens con molti dipinti
religiosi, ma non tarda ad esplodere la sua tipica celebrazione della
carnalità femminile come in Cimone e Ifigenia e Helena
Fourment
Immerso in una moltitudine di fiamminghi non
indimenticabili, rifulge improvvisamente l’Arte
della Pittura di Vermeer che anticipa
alcuni Rembrandt – essenzialmente autoritratti – per proseguire
con Bruegel il Vecchio (Cacciatori nella
neve e La
Torre di Babele).
Nella moltitudine di opere fiamminghe e tedesche
che si susseguono sala dopo sala ricordo una incursione del nostro Arcimboldo con
alcune allegorie e una sensualissima Venere
in Riposo di Dirk de Quade Van
Ravesteyn la cui testa reclinata sembra voler sfidare la legge di
gravità.
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