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Anni Venti in Italia. L'età dell'incertezza - Palazzo Ducale di Genova


Avviata piuttosto in sordina il 5 ottobre è visitabile fino al 1 marzo 2020 presso il Palazzo Ducale di Genova Anni Venti in Italia. L'età dell'incertezza, periodo storico che riveste per me un particolare interesse e quindi non ho indugiato troppo prima di visionare le opere proposte.
Si inizia con una scultura in gesso di Arturo Martini, La Tempesta, che dovrebbe rendere – con meno efficacia del consueto, mi pare – il clima tormentato del primo dopoguerra. Sempre splendida, invece, la Maternità di Severini, ancor più toccante visto il tragico epilogo che vide protagonisti i modelli che posarono per il dipinto, moglie e figlio dell’artista: quest’ultimo sopravvisse pochi mesi alla realizzazione dell’opera.




L’autore del celebre – per gli amanti della storia dell’arte – Saper Vedere, Matteo Marangoni, è il soggetto di un ritratto di Baccio Maria Bacci e diversi altri ritratti sono presenti nella sala, realizzati da Antonio Donghi – che celebra Lauro de Bosis – e ancora de Chirico e Savinio.




Ma l’autentica perla è il ritratto di Renata Gualino di Casorati che mi suggerisce un richiamo alle opere di Piero della Francesca, sollecitato dalle enigmatiche figure sullo sfondo. Non è da meno lo studio per il medesimo ritratto. 





Ho anche la possibilità di vedere dal vero la troneggiante figura del Figlio dell’armatore di Oppi del quale viene anche esposto l’inquietante I Chirurghi. Notevole anche Il Fratello e la Sorella di Carlo Levi.





Meno seducente di quanto ci si possa aspettare dal soggetto, visti i cupi e caratteristici colori, la Venere (o Nudo con fruttiera) di Mario Sironi. Un’altra – e migliore – scultura di Martini ritrae la figlia Nena e ancora Casorati con un desolato interno, Ragazza con scodella (Mattino): il soggetto immobilizzato nel tempo in una vana quanto inevitabile e misteriosa attesa.






I passeggeri del Treno di Virgilio Guidi, monumentali figure effigiate in varie pose, sembrano invece sedere all’interno di un bizzarro veicolo che anziché correre sui binari fluttui sul paesaggio.




Un altro (blasfemo?)  corto circuito storico-artistico è causato da Donna alla finestra di Donghi, il cui braccio ripropone, senza la sua drammaticità, la posa straziante della pietà di Giovanni Bellini.






Lontano dalle retoriche celebrazioni dell’eroismo guerresco Ritorno alla vita di Giovanni Battista Costantini: un gruppo di soldati feriti e mutilati in convalescenza siede in un giardino sorvegliati da una crocerossina.



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