All’ingresso del museo, anzi dei musei, vi è una vasta sala dalla
quale si accede appunto alle varie sezioni (arte antica, moderna,
Magritte, ristorante, ecc.). Vi sono esposte alcune opere tratte
dalle collezioni moderne, tra le quali Le Figlie di Satana di
Egide Rombaux, titolo inquietante per una imponente scultura di tre
donne che richiamano vagamente le pose classiche delle Tre Grazie ma
con un ambiguo sentore di lascivia e peccato (inevitabile visto il
tema).
Vi sono poi dipinti
simbolisti di grandi dimensioni di Constant Montald: di una certa
efficacia – puramente estetica – La Barque de l’Ideal per
il gioco dei colori
applicati alle cortecce bronzee dei tronchi degli alberi e l’argenteo
fiorire dei rami. Meno convincente La Fontaine de
l’Inspiration con le
evanescenti figure umane che sembrano applicate a posteriori sulla
tela. Vi sono anche vaghi riferimenti ai tardi Preraffaelliti in
alcune di esse.
Salendo
alla galleria dedicata ai maestri antichi si possono ammirare una
serie di Van der Weyden e, dal vero finalmente, la Tentazione
di Sant’Antonio di quel
proto-surrealista di Bosch. Ovviamente ampia è la selezione dei
grandi fiamminghi: non posso non citare la gelida sensualità
trasmessa dai nudi femminili di Jan Massys (Susanna e i
Vegliardi e, soprattutto, Le
figlie di Lot: indimenticabile
lo sguardo di una di esse colmo della più invitante delle minacce).
Segue
una sala dedicata ai Brueghel dove spicca in particolare la Caduta
degli Angeli Ribelli dove
un San Michele dalle articolazioni innaturalmente lunghe si oppone ad
un caos ribollente di ibridi umani ed animali davvero inquietanti.
Trionfa
la carnalità – proprio nel senso di abbondanza della carne –
nella sezione di Jacques Jordaens: L’Allegoria della Fertilità –
più orientata al vino per la verità – viene illuminata dal
candore di un nudo femminile di spalle in analogia al trionfo di
frutta e vegetali che la affianca.
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