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TEATRO NEL TEATRO

A latere dell’avvio della stagione teatrale dello Stabile locale, una notazione “sociologica”: parrebbe che gli spettacoli di prosa siano diventati una forma di attività culturale popolare ma forse, se mi si passa la forzatura, sarebbe più corretto dire ‘popolana’. La rappresentazione cui ho assistito era particolarmente affollata e si è ripetuto, amplificato, il rito dell’elaborata ricerca dei posti assegnati, che ogni volta tiene a lungo impegnati gli spettatori. Pare, però, che ultimamente i cercatori abbiano sviluppato una tecnica più raffinata: dividono in settori il campo di ricerca leggendo ad alta voce la numerazione di ogni fila e di ogni singolo posto; il primo a risultare vittorioso in questa ricerca prorompe in urla belluine e gesticolando scompostamente attira l’attenzione degli altri esploratori (oltre che dell’intera platea). Inutile dire che viene di solito fatta alzare l’intera fila di persone già sedute per fare accomodare i nuovi arrivati che sistematicamente non individuano l’estremità più favorevole per l’inserimento. Segue una concitata discussione su quali posti spettino a chi, mantenendo nel frattempo in piedi gli spettatori circostanti. Quando, finalmente, la complessa operazione si conclude, ecco presentarsi una persona che reclama uno dei posti appena occupati. Sbalordimento, ulteriore scompiglio, financo irritazione per questa indebita intromissione e, infine, rassegnazione di fronte all’incontestabile evidenza di quanto stampato sul biglietto: gli esploratori hanno sbagliato numero di fila e pertanto si riavviano verso una nuova transumanza. Contro ogni evidenza approdano in extremis alle poltrone di loro spettanza e, a questo punto, possono dedicarsi a commenti, ovviamente del tutto fuori luogo, sul teatro, lo spettacolo – di cui ignorano pressoché tutto -, gli attori che generalmente confondono con altri artisti.  Tali commenti proseguono tranquillamente anche quando le luci si abbassano e il sipario si apre, e ci vogliono parecchie stizzite esortazioni per farli tacere.
Superfluo dire che anche colpi di scena o battute brillanti vengono accolte con esclamazioni e risate, sempre con decibel in eccesso, che proseguono come una eco ad impedire la comprensione dei dialoghi successivi agli altri spettatori i quali  salutano con particolare entusiasmo la fine della rappresentazione che segnala la prossima ritrovata tranquillità.

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