L’eterna musa – L’universo femminile tra ‘800 e’ 900 al Centro Matteucci per l’arte Moderna di Viareggio
Sede espositiva forse di non grandissimo richiamo, riesce comunque a
riservare piacevoli sorprese come ad esempio questa rassegna le cui
40 opere, provenienti da collezioni private, erano inedite o comunque
ben poco viste.
Peccato per gli
orari di apertura, piuttosto ridotti e non comodissimi per chi
provenga da fuori Viareggio. Ben vengano comunque iniziative di
ampliamento dell’offerta espositiva di qualità.
Accanto a nomi ben
conosciuti ve ne erano di meno noti. Per esempio Zandomeneghi
presentava un filamentoso ritratto di una fanciulletta, La
guardiana di tacchini, il cui grembiule bianco pare intrappolare
nel proprio tessuto la luce solare, una distesa candida interrotta
solo dalla matassa di filo scuro.
Tecnica molto più accademica per il più oscuro Filadelfo Simi e la
sua Bice con le rose, che comunica una femminilità pacata e
rassicurante nella solidità di impianto del ritratto. Lo stesso
artista presenta un tipo simile, ma più malinconico o forse a
disagio, nel Costume umbro essendo la popolana sicuramente non
avvezza a posare come modella.
Scenetta domestica di facile presa nelle Ore d’ozio – Il micio
sulla biancheria di Giacomo Favretto, con la giovane donna che
scherzosamente contende il filo ad un gatto dispettoso.
È suggerita dal corpetto slacciato sul seno che ha probabilmente
appena allattato la Maternità di Domenico Induno.
Altra scena di genere con Francesco Gioli, Alla messa del
1872, tre giovani donne intente più a spettegolare che a seguire la
funzione mentre si staglia con forza contro lo sfondo la figura della
Fanciulla che dà da mangiare ad un’anatra di Cristiano
Banti. Gradevole la nota di azzurro della gonna ripresa
dall’orecchino che risalta contro la candida guancia.
Non cessa di incantarmi Corcos (Anna Belimbau): una distesa di
colori perlacei con la protagonista lievemente decentrata e colta in
movimento.
La martire di Giovanni Colacicchi (1947) dovrebbe essere una
martire laica, simbolo degli orrori della guerra appena trascorsa: la
bellezza della giovane donna e il suo gesto di liberazione dalle funi
che la imprigionavano potrebbero significare che a dispetto di azioni
tanto deprecabili gli ideali più alti di cui l’umanità è capace
non vengono cancellati.
La Figura dalla chitarra di Mario Sironi presenta uno spiccato
richiamo alle Demoiselles d’Avignon di Picasso nel
volto del nudo, inquietante come il Nudo con tenda rossa di
Casorati.
Autocitazione sempre di Casorati nel Nudo nel paesaggio con la
figura che riprende quella del suo celeberrimo Meriggio.
Simbolo della mostra
la Donna dalla cintura rossa di Virgilio Guidi ben strutturata
nelle forme geometriche richiamate nella composizione.
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