Ho appena terminato, e con grande fatica, la lettura del
primo dei romanzi contenuti in questo volume (Al di qua del Paradiso) e la sfavorevole impressione già avuta al
tempo della lettura del Grande Gatsby
e di Tenera è la notte ne è uscita
confermata e rafforzata. Fitzgerald scrive a proposito del protagonista: “Tutto
quello che Amory fece quell’anno … fu tanto vacuo e incongruente che non val
quasi la pena menzionarlo.” Questa frase (senza il quasi) potrebbe essere adottata
ed adattata per una sintetica ma veritiera recensione di questo ‘romanzo’ tanto
vacuo e inconcludente da non meritare la fatica di scriverlo e tanto meno di
leggerlo. Romanzo di formazione o affresco della generazione post-vittoriana, sviluppato
attraverso il racconto della prima parte della vita di Amory Blaine dall’infanzia
sino alla prima maturità – ammesso che di maturità si possa parlare per questo
individuo – si traduce essenzialmente in una lista di avvenimenti che presenta
lo stesso grado di attrattività della lettura dell’elenco del telefono. Se lo
scopo perseguito da Fitzgerald era quello di esemplificare, appunto, la vacuità
del modo di vivere della classe privilegiata americana ai primi del Novecento attraverso
il modo di raccontare, l’obiettivo è stato perfettamente raggiunto, complice
anche una traduzione ampollosa, aulica e antiquata che non si astiene dall’usare,
per definire una giornata trascorsa al mare, l’aggettivo “alcionia”, manco
fosse D’annunzio, o traduce la festa del Ringraziamento con ‘Rendigrazie’ e
altre perle consimili. Decisamente sconnesso anche l’impianto narrativo con
personaggi che compaiono improvvisamente e altrettanto repentinamente
spariscono. Di punto in bianco, il protagonista comincia ad avere inspiegabili visioni
degne di un romanzo gotico, ma scompaiono nel giro di un paio di paragrafi,
salvo un fugace e vago accenno nel finale. Credo che l’aggettivo che meglio si
attaglia a definire l’opera sia “insulsa”: oltre duecento pagine con dialoghi
surreali, concetti ridicoli, atteggiamenti stucchevoli e irritanti da poseur di
questo giovin signore che vive di rendita; è terribilmente snob e, ovviamente,
detesta le classi inferiori. Di rado mi sono sentito di sconsigliare la lettura
di un libro con altrettanta convinzione.
Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi - Basilica Palladiana Vicenza
Tra i miei pittori preferiti, attendevo con impazienza di poter visitare la mostra a lui dedicata a Vicenza e le aspettative, per quanto alte, non sono andate deluse. Affascinante la sede espositiva, la Basilica Palladiana appunto, e davvero cortese ed efficiente lo staff in servizio. È praticamente impossibile selezionare solo alcune tra le numerose opere presenti: andrebbero mostrate praticamente tutte. Il percorso di visita è suddiviso in diverse aree tematico-cronologiche che danno conto dell’evoluzione dell’artista , dagli esordi influenzati dal Secessionismo viennese – che ben conosceva – sino al declino nell’ultima fase della sua carriera. Pannelli esplicativi chiari e concisi illustrano efficacemente i vari periodi. Il Klimt di Ca’ Pesaro Giuditta II era visibile in questa mostra insieme ad un klimtiano, appunto, Casorati La Preghiera . Una frase sempre scritta da Casorati ad una amica “Non dipingo più che le immagini che vedo nei sogni “ trova confe...
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