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Teatro

Avvio - alquanto deludente -  del mio personale cartellone teatrale con un lavoro di Thomas Bernard, “Immanuel Kant” per la regia di Alessandro Gassman. In realtà, più che il celebre filosofo se ne vede la sua caricatura, durante un viaggio immaginario su di un transatlantico che trasporta l’autore della “Critica della ragion pura” dalla sua epoca, il 1700, fino agli anni Cinquanta. Il salto cronologico e il carattere farsesco attribuito alla messa in scena (tutti i protagonisti - anche quelli femminili - sono interpretati da uomini) hanno un effetto straniante ma a differenza di quanto detto nelle recensioni e nella presentazione, non comico né teso a sollevare domande e riflessioni - appunto - di carattere filosofico. Dice Gassman «il ridicolo scaturisce dal l’incontro ravvicinato di due mondi: da una parte una massa di cretini, dall’altra l’intellettuale che cerca di consolarsi conversando con il suo pappagallo»: quanto a ridicolo non vedrei grosse differenze tra questi due mondi. Il colpo di grazia l'ha dato l'interprete principale che aveva un tono di voce simile talvolta a quello di Sgarbi: quando alzava la voce insultando il proprio domestico mi ricordava le invettive dell'ineffabile professore contribuendo alla delusione per questo esordio della stagione

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